28 marzo 2012

Notifica del gravame presso il procuratore costituito nella sua ultima (erronea) residenza e rimedi.

"La corte territoriale riteneva tardiva la seconda notificazione dell'atto di gravame, essendo risultato provato che il procuratore e difensore degli attori aveva, con missiva del 5.9.2006, comunicato a quello delle convenute l'avvenuto trasferimento del proprio domicilio, come in precedenza riferito, sicchè non poteva tenersi conto di quello dichiarato nel corso del giudizio di primo grado, ancorchè riportato nell'epigrafe della relativa sentenza; d'altra parte, non essendovi stata all'atto della notificazione della sentenza alcuna nuova elezione di domicilio, l'impugnazione, ai sensi dell'art. 330 c.p.c., comma 1, avrebbe dovuto essere notificata presso il procuratore costituito nella sua ultima dichiarata residenza.


[...]


Con l'unico motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 330 c.p.c., essenzialmente deducendosi la non imputabilità all'appellante della mancata notificazione [...] entro il termine breve, che nella specie, tenuto conto dei principi affermati dalla sentenza n. 3818 delle Sezioni Unite di questa Corte, avrebbe potuto essere riattivata e perfezionata, anche oltre il termine suddetto, presso l'effettivo domicilio del professionista destinatario. A tale riguardo si deduce l'irrilevanza della circostanza che quest'ultimo avesse, con missiva del 5.9.06, comunicato il nuovo indirizzo, sia perchè "ben sette mesi dopo" il medesimo risultava, dall'albo professionale, avere il suo studio in quello precedente, il che induceva a ritenere che colà lo avesse ricondotto, sia perchè a tal epoca continuava ad utilizzare un timbro professionale indicante l'originario indirizzo; si soggiunge, infine, che un'istanza di rimessione in termini rivolta alla Corte d'Appello, al fine di poter rinnovare la notificazione, era rimasta senza esito.


Le censure sono fondate.


La più recente giurisprudenza di questa Corte, riprendendo e sviluppando il principio di incolpevolezza affermato dalle Sezioni Unite nella pronunzia citata dalla ricorrente, ha avuto modo di chiarire come, nelle ipotesi in cui un primo tentativo di notifica, per ragioni obiettivamente non imputabili al notificante, sia andato a vuoto, il notificante possa, alla luce anche del principio di ragionevole durata del processo, di propria iniziativa e senza adire il giudice (così evitando un inutile allungamento dei tempi del giudizio), richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, che se perfezionato entro un ragionevole tempo (necessario, secondo la comune diligenza, ad accertare il nuovo recapito della controparte), ancorchè successivo alla scadenza del termine d'impugnazione, si considera utilmente attivato alla data della prima richiesta di notificazione (v. Cass. nn. 21154/10, 19986/11).


Tale principio, che il collegio condivide, ben si attaglia alla fattispecie in esame, caratterizzata dalla non linearità ed obiettiva ambiguità del comportamento professionale di un difensore, che pur avendo comunicato, informalmente e fuori del processo, l'avvenuto trasferimento di fatto del proprio studio professionale da un luogo all'altro, aveva tuttavia omesso di ribadirlo all'atto della successiva notificazione della sentenza e per di più apposto sulla relativa copia, nella cui epigrafe continuava a figurare l'originaria elezione di domicilio, un timbro professionale ancora indicante quel recapito, omettendo altresì, come sarebbe stato anche suo dovere deontologico, di comunicare all'albo professionale detta variazione.


In siffatto contesto quale l'iniziale errore di notificazione trovava ampia giustificazione nel ragionevole convincimento, ingenerato dal suesposto comportamento del legale di controparte, secondo cui la, pur comunicata, variazione del recapito professionale fosse stata solo temporanea e superata dal ritorno all'originario studio, la ripresa ed il perfezionamento del procedimento notificatorio, attuati (come si rileva dalle cadenze temporali riferite in narrativa) a pochi giorni di distanza dal negativo esito del primo tentativo (ed indipendentemente dalla vana richiesta al giudice ad quem di rimessione in termini), devono ritenersi utilmente eseguiti e tali da riconnettersi, senza soluzione di continuità processuale, all'originaria data di attivazione della notifica, intervenuta durante il decorso del termine breve per la proposizione dell'appello.


Il ricorso va conclusivamente accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per nuovo giudizio di appello ad altra sezione della corte di provenienza, cui si demanda anche il regolamento delle spese del presente."


Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-03-2012, n. 4842

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