17 maggio 2013

Notifica al legale rapp.te della società per posta con consegna a persona di famiglia


A conclusione della parte espositiva del motivo, la ricorrente sottopone a questa Corte il quesito di diritto così testualmente formulato: "E' valida la notificazione di un ricorso introduttivo di causa di lavoro eseguita per posta al legale rappresentante della società datrice di lavoro convenuta, ai sensi del novellato art. 145 c.p.c., comma 1, quando la consegna del plico sia stata effettuata alla madre convivente nel luogo di residenza del legale rappresentante e sia stato omesso ogni avviso al destinatario mediante raccomandata a.r. circa l'avvenuta notificazione dell'atto?".

Osserva il Collegio che la tesi proposta non può trovare accoglimento. Va anzitutto chiarito che l'art. 145 c.p.c., nel testo introdotto nel 2006, applicabile ratione temporis, dispone al suo primo comma, che "La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell'atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede. La notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale.

Chiarisce, poi, al comma 3, - dopo avere fatto riferimento al suo secondo comma, alla notificazione alle società non aventi personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comitati di cui all'art. 36 cod. civ., e segg. - che "Se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell'atto, che rappresenta l'ente, può essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143".

Come rimarcato da questa Corte, la riforma operata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2 - in vigore dal 1-3-2006 ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data - modificando la norma in esame, ha previsto non più in via residuale, ma in via alternativa la possibilità di notificare l'atto destinato ad un ente (società, associazione, fondazione...), anche se non dotato di personalità giuridica, alla persona che lo rappresenta (purchè ne siano indicati nell'atto la qualità, la residenza, il domicilio o la dimora abituale) secondo le modalità di notificazione disciplinate, per le persone fisiche, dagli artt. 138, 139, 141 (ex plurimis, Cass. n. 22957/2012).

Nel caso in esame, dunque, risalendo il ricorso introduttivo a data posteriore al 1-3-2006- correttamente detto ricorso è stato notificato alla società, presso il luogo di residenza della persona che rappresenta la società, nella specie la signora G. V., quale A.U. della CCM., anche se non a mani della stessa, bensì alla madre convivente della destinataria.

Ritiene il Collegio che tale circostanza non rileva ai fini della ritualità della notifica.

Invero - come chiarito da questa Corte - in virtù del principio di immedesimazione organica, la notifica di un atto giudiziario nei confronti delle persone giuridiche può avvenire mediante consegna a mani del rappresentante legale, o della persona addetta alla ricezione degli atti, in applicazione del disposto di cui all'art. 138 cod. proc. civ., in forza del quale la consegna a mani proprie si considera valida ovunque sia stato reperito il destinatario, tenuto conto che una siffatta interpretazione trova conforto nella vigente formulazione dell'art. 145 cod. proc. civ. (come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2) che si ispira proprio alla "ratio" del principio immedesimazione organica là dove prevede, appunto, che la notificazione "può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale" (cfr. Cass. n. 19468/2007).

Dalla lettura dell'art. 145 c.p.c. appare evidente che i limiti posti dal legislatore (con il richiamo agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.) si riferiscono ai luoghi della notifica, ai soggetti cui l'ufficiale giudiziario può legittimamente consegnare l'atto da notificare e non invece alle modalità della notifica (a mani o per mezzo del servizio postale).

Ciò significa che la notifica in questione poteva essere eseguita a mezzo del servizio postale e che il ricorso di prime cure ben poteva essere consegnato a persona della famiglia (nella specie alla madre convivente del legale rappresentante) ai sensi del richiamato art. 139 c.p.c., considerato oltretutto che l'art. 149 c.p.c., dispone che la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale, se non è fatto espresso divieto dalla legge, divieto che nel caso di specie non ricorre.

Del resto questa Corte in analoga fattispecie ha chiarito che, in tema di notificazione per mezzo del servizio postale, secondo la previsione dell'art. 149 cod. proc. civ., qualora la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 2, deve presumersi che l'atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall'art. 139 cod. proc. civ., in quanto il problema dell'identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell'atto, con la conseguente rilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l'onere di fornire.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-03-2013, n. 6345


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