17 novembre 2013

Compenso al professionista domiciliatario e sottoscrizione dell’atto.

Trattando unitariamente i due motivi, la ricorrente società lamenta che il Tribunale ha accolto le richieste dell'Avv. L., senza che questi adempisse all'onere della prova dei fatti costitutivi il suo diritto, negando, inoltre, l'ammissione delle prove richieste al riguardo dall'opponente, a fronte delle specifiche contestazioni sull'effettivo espletamento delle seguenti attività: "il pagamento del contributo unificato, esame e scritti documentazione di controparte, consultazioni con il cliente, esame precisazione delle conclusioni di ogni parte, atto di precetto, notifica atto, collazione etc" per ciò che riguarda i diritti, e "studio della controversia, consultazioni con il cliente e redazione atto introduttivo" per ciò che riguarda gli onorari. Si trattava di attività o non eseguite per nulla, o svolte dall'avv. M., che ne aveva studiato gli effetti e predisposti i relativi atti.

L'avv. L. si era limitato ad agire da domiciliatario, notificando atti predisposti da altri, iscrivendo al Ruolo il procedimento, partecipando all'udienza di assegnazione in cui aveva depositato l'atto di intervento, anch'esso predisposto da altri, e svolgendo le connesse attività di cancelleria, per le quali era stato regolarmente pagato dalla Chirbo srl. Inoltre, a fronte della contestazione, anche generica, dell'attività svolta dal professionista, il Giudice doveva procedere anche d'ufficio al relativo controllo ed in ogni caso liquidare il compenso soltanto in base all'opera effettivamente prestata.

[...]

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Il primo e il secondo motivo, ai limiti dell'ammissibilità, riguardano la prova e il relativo onere sulle attività svolte, nonchè la commisurazione del compenso alla attività effettivamente svolta. La ricorrente lamenta la carenza di prova sullo svolgimento delle attività per le quali è stato richiesto e riconosciuto il compenso, ritenendo la prova a carico del professionista una volta contestate specifiche voci, e lamentando la mancata ammissione da parte del giudice delle prove richieste al riguardo e la mancata verifica, d'ufficio, dello svolgimento delle attività per le quali era stato riconosciuto il compenso.

Al riguardo, il provvedimento impugnato, reso all'esito dello speciale procedimento ex lege n. 794 del 1942, aveva per oggetto soltanto la liquidazione delle spettanze dell'avvocato, che presuppone non contestato il conferimento dell'incarico e la relativa debenza. Il giudice di merito si è limitato a verificare l'avvenuto conferimento del mandato, tanto da escludere le attività per le quali il professionista era solo domiciliatario. Per il resto è stato rilevato dal giudice di merito, e la stessa ricorrente non lo contesta, che vi era mandato congiunto. Nè la ricorrente, in violazione del principio della specificità del motivo, indica dove e come ha chiesto lo svolgimento d'istruttoria al riguardo, impendendo alla Corte di operare la necessaria valutazione di influenza e rilevanza delle prove in tesi dedotte. Sicchè, restava precluso al giudice di merito accertare se le singole attività fossero state o meno materialmente predisposte da uno solo dei professionisti incaricati, da entrambi o in varia misura dall'uno e dall'altro, almeno quanto agli onorari, posto che in mancanza di prova sul punto, la sottoscrizione dell'atto, secondo i principi generali, deve ritenersi, in via presuntiva, idonea a far ritenere che alla sua stesura abbiano contribuito coloro che lo hanno sottoscritto. Se mai, in tal caso, si pone il problema della determinazione concreta dell'entità del compenso. Ma sul punto i motivi risultano generici.

Corte di cassazione – Sezione II civile – Sentenza 4 settembre 2013 n. 20344


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