20 febbraio 2013

Tutela e curatela - amministratore di sostegno


Il ricorso espone censura priva di pregio.

La decisione impugnata ha assunto a dato dirimente, al fine della nomina dell'amministratore di sostegno designato dall'odierna ricorrente nella scrittura privata indicata in narrativa, la sussistenza della condizione attuale d'incapacità della designante, che consente l'attivazione della procedura e l'ingresso dell'istituto. Designato in vista di una probabile futura situazione d'incapacità o infermità, l'amministratore di sostegno va dunque nominato dal giudice nella persona indicata nell'atto, a meno di motivate gravi ragioni ostative, ma se e quando tale condizione si sarà verificata.

Siffatta conclusione non si presta a critica.

A lume del combinato disposto dell'art. 404 c.c., che prevede che "la persona che, per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio", e del successivo art. 407 c.c., comma 1, secondo cui "il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno deve indicare le ragioni per cui si richiede la nomina dell'amministratore di sostegno", e comma 2, che stabilisce che "il giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento si riferisce e deve tener conto, compatibilmente con gli interessi e le esigenze di protezione della persona, dei bisogni e delle richieste di questa", la procedura implica il manifestarsi della condizione d'infermità o incapacità della persona e l'insorgere coevo dell'esigenza di protezione cui è ispirata la ratio dell'istituto in discorso. La sua introduzione con la L. n. 6 del 2004, come già affermato da questa Corte con sentenza n. 13584/2006, mira infatti ad offrire uno strumento d'assistenza alla persona carente di autonomìa a causa della condizione d'infermità o incapacità in cui versa che, calibrato dal giudice tutelare rispetto al grado d'intensità di tale situazione, consente di escludere gli interventi più invasivi degli istituti tradizionali posti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione. L'intervento giudiziario, in coerenza con questa finalità, non può che essere contestuale al manifestarsi dell'esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione d'incapacità o infermità da cui quell'esigenza originacene, secondo il contesto normativo riferito, rappresenta presupposto dello stesso istituto e non già dei suoi soli effetti. Il provvedimento giudiziale, che, come previsto dal combinato disposto dell'art. 407 c.c., e art. 720 bis c.p.c., deve essere assunto all'esito del procedimento di volontaria giurisdizione cui sono connaturate trattazione sollecita e definizione allo stato, viene disposto "rebus sic stantibus", perciò all'attualità, in modo da salvaguardare, assunte le necessarie informazioni e sentiti i soggetti legittimati ai sensi dell'art. 406 c.c., ad attivare l'istituto, il diritto della persona alla tutela effettiva, necessaria in quel momento e in quella determinata situazione. In logica consecuzione, non ne è ammessa l'adozione ora per allora, in vista di una condizione futura.

La legittimazione a proporre il ricorso per l'introduzione dell'istituto che l'art. 406 c.c., attribuisce anche al beneficiario, nella prospettazione della tesi difensiva della ricorrente munita di decisivo rilievo, e soprattutto la facoltà concessa dall'art. 408 c.c., allo stesso interessato di designare l'amministratore di sostegno in previsione della propria futura incapacità, non interferiscono nè immutano il riferito quadro ricostruttivo, operando su piani distinti. Ed invero, la designazione "de futuro", che si esplica mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, resta circoscritta nell'ambito di un'iniziativa privata, i cui effetti si dispiegano sul medesimo piano privatistico dal momento che non postula l'intervento del giudice. Valida nel momento genetico, la sua funzione è però destinata a compiersi, mediante il dispiegarsi effettivo dei suoi effetti, al realizzarsi della condizione personale avuta presente, e nell'alveo del procedimento giurisdizionale conseguentemente attivato, attraverso la nomina conforme da parte del giudice tutelare.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-12-2012, n. 23707


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