20 febbraio 2013

Il diritto alla bigenitorialità


Il ricorso non merita accoglimento. In ordine al primo motivo, deve rilevarsi che, all'interno del sistema costituzionale e convenzionale dei diritti fondamentali del minore, assume primario rilievo il diritto alla bigenitorialità come ineliminabile codice costitutivo della sua identità, oltre che come garanzia di uno sviluppo e di una crescita caratterizzati dall'apporto assistenziale ed educativo di entrambi i genitori. Lo sviluppo armonico della personalità del minore è fortemente influenzato dalla graduale costruzione di una precisa identità personale, di cui costituisce fattore determinante la genitorialità biologica. Per queste ragioni, il diritto del genitore ad essere autorizzato al riconoscimento del figlio naturale (in caso di dissenso dell'altro genitore), costituzionalmente fondato sull'art. 30 Cost., non si pone in contrapposizione, ma come misura ed elemento di definizione del correlato diritto del minore, "atteso il diritto del bambino ad identificarsi come figlio di una madre e di un padre e ad assumere, così, una precisa e completa identità" (Cass. n. 2878 del 2005). Il contesto costituzionale, convenzionale (art. 7 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, nel quale è stabilito che il minore, nella misura del possibile, ha il diritto di conoscere i suoi genitori ed essere allevato da essi;

l'art. 24 della Carta Europea dei diritti fondamentali che richiama la necessità di dare preminenza all'interesse superiore del minore) ed interno (art. 250 cod. civ., comma 4, secondo il quale il consenso non può essere rifiutato se corrisponde all'interesse del minore) di tutela di questo diritto si completa, tuttavia, con la previsione del limite, non valicabile, dell'interesse del minore, al quale, solo se necessario, può essere sacrificato il diritto alla bigenitorialità.

Tale limite, nel consolidato e costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è individuato nel pericolo "di danno gravissimo per lo sviluppo psico-fisico del minore correlato alla pura e semplice attribuzione della genitorialità" (Cass. n. 2645 del 2011), fondato su "comprovati motivi seri ed irreversibili"(Cass. n. 2878 del 2005). Alla luce di tale rigorosa e circoscritta determinazione del grado di compromissione dell'interesse del minore, è stato escluso il sacrificio del diritto al riconoscimento del figlio naturale nell'ipotesi di mera pendenza di un procedimento penale (Cass. n. 2645 del 2011) salvo che il richiedente non sia stabilmente inserito nella criminalità organizzata e sia detenuto per gravi reati, in ragione delle connotazioni fortemente negative sulla personalità del minore che tale ambiente può determinare (Cass. n. 23074 del 2005). La sentenza impugnata, contrariamente a ciò che afferma il ricorrente, ha esattamente inquadrato la propria decisione all'interno degli orientamenti soprarichiamati, ponendo al centro della sua valutazione il diritto del minore all'acquisizione dell'identità personale "nella sua integrale ed effettiva connotazione psicofisica, come figlio di una madre e di un padre determinati". Partendo da questa esatta prospettazione dei diritti in gioco ha ritenuto che il quadro della personalità del richiedente così come emerso dalle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, espletata nel primo grado del giudizio, non fosse ostativo all'accoglimento della domanda, in quanto la sintomatologia riscontrata sul richiedente non è risultata incompatibile con l'esistenza e la possibilità di sviluppo di capacità genitoriali.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-12-2012, n. 23913


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