20 gennaio 2013

Il quesito plurimo in Cassazione - ammissibilità


Esso, difatti, contravviene al consolidato principio più volte affermato dalla (sia pur meno rigorosa) giurisprudenza di questa corte, a mente della quale il quesito plurimo (al quale altro orientamento di legittimità nega tout court ingresso in sede di giudizio di cassazione), per poter superare il vaglio di ammissibilità, deve rappresentare, contenutisticamente, una censura sostanzialmente omogenea ed unitaria, e giammai una plurima, disomogenea e disarticolata doglianza, quale quella di specie, che, da un canto (quesito n. 3, al folio 11 del ricorso) chiede alla corte di affermare se la fattura abbia valore di prova piena del credito e delle altre indicazioni in essa contenute, di talchè la mera dicitura "IVA da riscuotere", su di essa riportata, possa costituire prova del mancato versamento dell'IVA, e dall'altro (quesito n.4, al medesimo folio) formula l'ulteriore interrogativo se, nell'accertamento della comune volontà dei contraenti riguardo alle imputazioni delle somme pagate, siano stati violati, nella motivazione della sentenza, i canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c..

Cass. civ. Sez. III, Sent., 10-12-2012, n. 22366


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