Il ricorso è fondato nella parte in cui censura il vizio di insufficienza della motivazione della sentenza impugnata con riguardo alla qualificazione del rapporto di lavoro giornalistico della C., per le ragioni e nei limiti di seguito indicati, con conseguente assorbimento delle altre censure, che dovranno essere prese in esame dal giudice di rinvio nel caso in cui addivenga alla qualificazione del rapporto giornalistico tra le parti in termini di subordinazione.
Giova premettere che, in tema di accertamento della sussistenza di rapporto di lavoro subordinato, nessuna previsione normativa o accordo tra le parti potrebbe, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex plurimis, recentemente Cass. 22. novembre 2010 n. 23638) assumere di per sè carattere vincolante per il giudice, atteso che neppure al legislatore è consentito negare la qualifica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi - come affermato dalla Corte costituzionale, sentenza n. 121 del 1993 - l'inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti stabiliti dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato.
Questa Corte ha poi ripetutamele affermato, con riguardo alla distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, che le concrete modalità di svolgimento del rapporto prevalgono comunque sulla diversa volontà manifestata, anche per iscritto, dalle parti, ben potendo le qualificazioni ivi operate risultare non esatte, per mero errore delle parti o per volontà delle stesse, che intendano usufruire di una normativa specifica o eluderla oppure essere superate nei fatti dal concreto svolgimento del rapporto di lavoro (cfr. ad es., Cass. 27 luglio 2009 n. 17455).
Con particolare riferimento all'argomento della qualificazione dell'attività giornalistica (consistente in una prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione: v., da ultimo, Cass. 29 agosto 2011 n. 17723), sono configuragli gli estremi della subordinazione - tenuto conto del carattere creativo di tale attività - ove vi sia lo stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nell'organizzazione aziendale, così da poter assicurare, quantomeno per un apprezzabile periodo di tempo, la soddisfazione di un'esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche e permanga, nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, la disponibilità del lavoratore alle esigenze del datore di lavoro (cfr. ad es. Cass. 2 aprile 2009 n. 8068).
In sostanza, dato differenziale nella qualificazione è e resta l'accertamento del requisito dell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, estrinsecantesi in ordini specifici oltre che in una vigilanza e in un controllo assiduo delle prestazioni lavorative, da valutarsi peraltro, nel lavoro del giornalista, con riferimento alle peculiarità dell'incarico conferito al lavoratore e alle modalità della sua attuazione, che comporta una ampia autonomia professionale del giornalista e non tollera normalmente l'inquadramento entro rigidi parametri spaziotemporali. Ne consegue che la subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla quotidiana permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni, essendo invece determinante che il giornalista si sia tenuto stabilmente a disposizione dell'editore, anche nell'intervallo fra una prestazione e l'altra, per evaderne richieste variabili e non sempre predeterminate e predeterminabili, eseguendone direttive ed istruzioni, e non quando prestazioni predeterminate siano singolarmente convenute, in base ad una successione di incarichi, ed eseguite in autonomia (Cass. 7 settembre 2006, n. 19231).
Sull'argomento, è stato ulteriormente ribadito (Cass. 6 marzo 2006 n. 4770) che sono configurabili gli estremi della subordinazione nell'attività giornalistica - considerate anche le previsioni contenute nel contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico del 10 gennaio 1959, reso efficace "erga omnes" con D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 153, che peraltro non altera la nozione di subordinazione desumibile dall'art. 2094 cod. civ. - qualora ricorrano i requisiti della continuità della prestazione, della responsabilità di un servizio e del vincolo di dipendenza e cioè qualora si sia in presenza dello svolgimento di un'attività non occasionale, rivolta ad assicurare le esigenze informative riguardanti uno specifico settore, della sistematica redazione di articoli su specifici argomenti e di rubriche e della persistenza, nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, dell'impegno di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro, in modo da essere sempre disponibile per soddisfarne le esigenze ed eseguirne le direttive; di contro, il vincolo della subordinazione non è ravvisa-bile in ipotesi di prestazioni singolarmente convenute e retribuite in base a distinti contratti che si succedono nel tempo, ovvero nel caso in cui siano concordate singole, ancorchè continuative, prestazioni secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali.
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-10-2012, n. 17412
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