26 ottobre 2012

Licenziamento disciplinare del funzionario di banca.


"Il primo motivo del ricorso principale è infondato. Va rilevato anzitutto che, in ordine ai criteri che il giudice deve applicare per valutare la sussistenza o meno di una giusta causa di licenziamento, la giurisprudenza è pervenuta a risultati sostanzialmente univoci affermando ripetutamente - cfr. ex plurimis Cass. 3865/2008, Cass. 19270/2006, Cass. 7543/2006, Cass. 13883/2004, Cass. 9299/2004, Cass. 4061/2004 - che per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare. Anche nell'ipotesi in cui la disciplina collettiva preveda un determinato comportamento quale giusta causa di licenziamento, il giudice investito della legittimità di tale recesso deve comunque valutare alla stregua dei parametri di cui all'art. 2119 c.c., l'effettiva gravità del comportamento stesso alla luce di tutte le circostanze del caso concreto (Cass. 1095/2007, Cass. 13983/2000, Cass. 8139/2000, Cass. 6900/2000, Cass. 7834/98, Cass. 1604/98), con l'ulteriore precisazione secondo cui la previsione di ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta in un contratto collettivo non vincola il giudice, dato che questi deve sempre verificare, stante l'inderogabilità della disciplina dei licenziamenti, se quella previsione sia conforme alla nozione di giusta causa, di cui all'art. 2119 c.c., e se, in ossequio al principio generale di ragionevolezza e di proporzionalità, il fatto addebitato sia di entità tale da legittimare il recesso, tenendo anche conto dell'elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore (Cass. 16260/2004, Cass. 5103/98). E' stato altresì precisato (Cass. 25743/2007) che il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione dell'illecito commesso - istituzionalmente rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso, dovendo tenersi al riguardo in considerazione la circostanza che tale inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza" di cui all'art. 1455 c.c., sicchè l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata soltanto in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali (L. n. 604 del 1966, art. 3) ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto (art. 2119 c.c.).

Questa Corte, in una controversia avente ad oggetto la legittimità del licenziamento disciplinare di un funzionario di banca addetto al settore del credito agrario, al quale erano state mosse contestazioni di contenuto simile a quello di cui si tratta nella fattispecie in esame (cfr. Cass. n. 2013/2012), ha ribadito ancora una volta che spetta al giudice di tenere conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi, innanzi tutto, rilievo alla configurazione che delle mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma pure all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto (ed in specie alla sua durata e all'assenza di precedenti sanzioni), alla sua particolare natura e tipologia.

Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto che i fatti addebitati al lavoratore con la lettera del 27.6.2005 non fossero di gravità tale da integrare gli estremi della giusta causa di licenziamento e da giustificare, quindi, l'applicazione della massima sanzione espulsiva, osservando che alcune delle mancanze oggetto della contestazione disciplinare (ed in particolare quelle che riguardavano l'omesso controllo sull'attività degli altri addetti alle operazioni di mutuo fondiario) non avevano trovato riscontro nel contenuto di specifiche prescrizioni aziendali, nè era emersa una situazione del comparto mutui fondiari tale da giustificare, per la sua eccezionalità, l'esercizio di poteri di controllo ancor più penetranti di quelli normalmente demandati al direttore della filiale. Considerazioni analoghe potevano essere svolte relativamente ai criteri di valutazione degli immobili sui quali era stata iscritta ipoteca a garanzia del mutuo fondiario, mentre le anomalie della documentazione relativa alla situazione reddituale dei mutuatati non avevano trovato alcun riscontro obiettivo nella effettiva situazione reddituale dei clienti (nè la Banca aveva dimostrato che tale situazione fosse realmente diversa da quella rappresentata dalla suddetta documentazione). Altre irregolarità - come quelle relative alla concessione di mutui in favore di soggetti non residenti o non operanti nell'area di competenza della filiale - avevano, in una valutazione globale dei fatti addebitati al lavoratore, un rilievo piuttosto marginale o non erano comunque tali da giustificare, di per sè, la risoluzione del rapporto (così quelle relative alle modalità del prefinanziamento)."

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-10-2012, n. 17257

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