19 ottobre 2012

L'Agenzia del Territorio è soggetta anche alla disciplina antimonopolistica - obbligo della CTU


"Con il 2° motivo denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 8, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che la corte di merito ha erroneamente escluso l'applicabilità nella specie dell'esenzione prevista dalla L. n. 287 del 1990, art. 8, comma 2, a favore di imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.

Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare, sia nell'ambito della disciplina nazionale (L. n. 287 del 1990) che di quella comunitaria (artt. 82 e 86 trattato CE, ora art. 106 trattato UE; Direttiva 2003/98/CE del 17 novembre 2003) della concorrenza, la nozione d'impresa ricomprende, diversamente da quanto sostenuto dall'odierna ricorrente, qualsiasi soggetto esercitante in modo organizzato e durevole un'attività economica sul mercato, al di là del relativo status giuridico, e della definizione che di essa danno i singoli ordinamenti nazionali.

Ne consegue che l'Agenzia del territorio - sebbene ai sensi della L. n. 311 del 2004 sia un ente pubblico affidatario di compiti d'interesse generale relativi alla formazione, conservazione e gestione dei pubblici registri ipotecar e catastali - è soggetta alla disciplina antimonopolistica in ordine al mercato dell'utilizzazione economica delle informazioni commerciali, tratte dalla consultazione di detti registri.

Consultazione che in base allo Statuto l'Agenzia stessa è abilitata a consentire ad altri soggetti, previa stipula di convenzioni, alle condizioni da essa stabilite e dietro pagamento di tributi e tasse.

Trattasi infatti di attività altra e diversa da quella istituzionale di carattere pubblicistico di tenuta e pubblicità dei dati da tale ente svolto, ulteriore rispetto a quest'ultima e di carattere senz'altro economico, concernente il "riutilizzo" dei dati in argomento.

Riutilizzazione espressamente definita all'art. 2, n. 4 della citata Direttiva 2003/98/CE come "uso dei documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti".

Come posto in rilievo dalle Sezioni Unite, correttamente la corte di merito ha nell'impugnata sentenza avuto riguardo alla previsione statutaria che abilita l'Agenzia del territorio a fornire servizi, consulenze e collaborazioni nelle materie di propria competenza anche su base contrattuale, ossia a svolgere un'attività che evidentemente va oltre quella della raccolta primaria e della mera tenuta dei dati a fini di pubblicità, e che inevitabilmente appare tale da porre la medesima in competizione economica con altri soggetti, pubblici o privati, che offrono analoghi servizi, consulenze o collaborazioni sul mercato del riutilizzo di quei dati (v. Cass., Sez. Un., 30/12/2011, n. 30175).

Dalle Sezioni Unite di questa Corte non si è accolta altresì la tesi, dall'odierna ricorrente riproposta (anche) nel ricorso in esame, secondo cui tale attività rientra fra i servizi di interesse economico generale (ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 8 esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina in questione), da intendersi come quelli strettamente connessi all'adempimento di specifici obblighi affidati all'impresa.

Si è posto in rilievo come gli argomenti al riguardo dedotti dall'Agenzia siano invero riferibili non già alla funzione primaria da essa svolta (di formazione, conservazione e gestione dei pubblici servizi ipotecari e catastali) bensì all'attività, cui afferisce l'abuso di posizione dominante imputatole, concernente il trattamento commerciale dei dati ricavati dalla consultazione di detti registri.

Nè risulta dalla medesima dimostrato l'indefettibilmente i necessario nesso funzionale, nel rispetto del criterio di proporzionalità del sacrificio delle esigenze concorrenziali, tra il servizio di formazione, conservazione e gestione dei registri pubblici (da un lato) e (dall'altro) le limitazioni che essa è abilitata a porre nella successiva utilizzazione economica dei dati da parte di altri soggetti, nascenti dalla possibilità per i privati di superare tale divieto solo previa stipulazione di apposite convenzioni, alle condizioni stabilite dall'Agenzia del territorio e dietro pagamento di tributi e tasse per ciascun atto di riutilizzazione, con obbligo di eliminazione di ogni archivio privato una volta scaduta la relativa convenzione.

Con conseguente impossibilità di ritenersi nel caso integrata la deroga di cui al suindicato L. n. 287 del 1990, art. 8 (così Cass., Sez. Un., 30/12/2011, n. 30175).

[...]

Con unico complesso motivo la ricorrente in via incidentale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che erroneamente la corte di merito ha ritenuto non provato l'ammontare del danno subito, laddove essa ne ha invero "dato ampia prova documentale... di cui non si è tenuto alcun conto in modo palesemente illogico".

Si duole che "in ogni caso non è stata data alcuna giustificazione circa la non idoneità del doc. n. 31 dedotto ed allegato a costituire una prova per presunzioni2.

Il motivo è fondato e va accolto p.q.r., nei termini di seguito indicati.

Risponde a massima consolidata nella giurisprudenza di legittimità che il vizio di motivazione della sentenza denunciabile in cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella manifestazione della motivazione apparente, ricorre quando il giudice di merito ometta di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando tali elementi, non proceda ad una relativa approfondita disamina logico- giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. (v. Cass, 17/7/2012, n. 12217; Cass., 21/7/2006, n. 16762; Cass., 27/1/2006, n. 1756; Cass., 18/1/2006, n. 890).

[...]

Nè motivazione alcuna si evince in ordine alla mancata ammissione della richiesta CTU contabile, laddove questa Corte non ha mancato di porre in rilievo come il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito - incensurabile in sede di legittimità - vada contemperato con l'altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata in merito a questione tecnica rilevante per la definizione della causa.

Con la conseguenza che quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere; mentre se la soluzione scelta come nella specie non risulti adeguatamente motivata, la decisione è sindacabile in sede di legittimità sotto l'anzidetto profilo (v. Cass., 3/1/2011; Cass., 4/6/2007, n. 12930; Cass., 27/10/2004, n. 20814).

Senza sottacersi che nell'impugnata sentenza non risulta invero speso argomento alcuno (anche) in ordine alla evidentemente ravvisata impossibilità di farsi nel caso applicazione della prova presuntiva del danno patrimoniale (cfr., da ultimo, Cass., 19/7/2012, n. 12463), e della relativa valutazione equitativa ex art. 1126 c.c.."

Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-10-2012, n. 17164

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