17 luglio 2012

Verifica degli Ordini professionali sul divieto di svolgere pubblicità sui servizi offerti


"Con il primo motivo l'impugnante denuncia violazione degli artt. 42 e 49 del Trattato UE, della Direttiva n. 123 del 2006, nonchè vizi motivazionali.


Ricordato che le disposizioni comunitarie risultano ispirate alla massima liberalizzazione possibile delle prestazioni di servizi (ivi comprese quelle di tipo professionale); che la Corte di Giustizia ha ribadito anche in tempi recentissimi, nella sentenza del 5 aprile 2011 (causa C-119/09), l'obbligo, sancito per gli Stati membri della Comunità dall'art. 24 della direttiva n. 123 del 2006, di sopprimere tutti i divieti in materia di comunicazioni commerciali delle professioni regolamentate; che, in tale contesto, l'anacronistica disciplina dettata dalla L. n. 175 del 1992 deve ritenersi inapplicabile, sostiene l'esponente che sia l'Ordine dei Medici, sia la Commissione, avrebbero apoditticamente affermato che le informazioni contenute nel volantino contrastavano con i doveri di correttezza e trasparenza, senza specificare in che modo esse potessero ledere l'indipendenza, la dignità, l'integrità nonchè il segreto professionale, e cioè gli unici valori legittimanti limitazioni a siffatto tipo di comunicazioni. Assume che la Commissione si sarebbe limitata a ribadire la legittimità del proprio potere di controllo, senza chiarire le ragioni per le quali la condotta ascritta al Dott. R. fosse deontologicamente scorretta, così di fatto perseguendo in maniera surrettizia il fine di vietare la pubblicità professionale.


Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta violazione del D.L. n. 223 del 200, art. 2 e della relativa L. di Conversione 4 agosto 2006, n. 248, nonchè, ancora una volta, erroneità o insufficienza della motivazione. Ricorda che la predetta fonte ha sancito, dalla data della sua entrata in vigore, l'abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni. Nè, rileva, in tale contesto normativo, la motivazione della sanzione irrogata consentirebbe di identificare i connotati censurabili dell'opuscolo di Dentale Coop. 6. Entrambi i motivi appaiono fondati.


Le argomentazioni addotte dalla Commissione a sostegno della scelta decisoria adottata sono speciose e tautologiche.


L'assunto dell'ambiguità e, in definitiva, del carattere ingannevole del riferimento a una tariffa ormai abrogata è all'evidenza viziato da un'insopprimibile insofferenza verso il ricorso al messaggio pubblicitario da parte dell'esercente la professione sanitaria. Non si vede, infatti, come quel richiamo, che necessariamente presuppone, piuttosto che smentire, il carattere puramente orientativo della tariffa, possa configgere con la trasparenza e la veridicità della comunicazione. Nè ha troppo senso la valorizzazione, in chiave di addebito, della genericità della promessa riduzione, in quanto non riferita a singole prestazioni, potendo ciò incidere solo sulla capacità di persuasione del messaggio, che è profilo certamente estraneo alla sfera di intervento degli organi disciplinari.


In tale contesto, la riaffermazione dei poteri di verifica degli Ordini professionali, malgrado l'indiscutibile eliminazione del divieto di svolgere pubblicità sui servizi offerti, sui prezzi e sui costi complessivi delle prestazioni professionali (L. n. 248 del 2006, art. 2), è del tutto inidonea a giustificare la decisione.


Quei poteri - la cui sopravvivenza è fuori discussione - sono funzionali alla verifica della trasparenza e della veridicità del messaggio. Ma si è già visto che le ragioni addotte dalla Commissione a sostegno della negativa valutazione formulata al riguardo sono giuridicamente scorrette e logicamente inappaganti"."

Cass. civ. VI - 3, Ord., 12-07-2012, n. 11816

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