19 luglio 2012

Edilizia e urbanistica - in genere - questioni di legittimità costituzionale


Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, lett. a) e b), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 (“Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, promosse dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione. La norma gravata ha modificato i commi 4 e 6 bis dell'art. 19 della legge n. 241 del 1990, già modificato dall'art. 49, comma 4 bis, del decreto legge n. 78 del 2010, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010, con cui, in luogo dell'istituto della denuncia di inizio attività (DIA), si è introdotto quello della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Stante tali interventi normativi, la norma censurata potrebbe essere interpretata nel senso che, esaurito il termine di trenta giorni concesso dall'art. 19, comma 3, per vietare la prosecuzione dell'attività conseguente ad una SCIA, e non ricorrendo alcuno dei casi tassativi presi in esame dal successivo comma 4, l'Amministrazione non possa in alcun modo intervenire in presenza di un abuso edilizio, neppure per mezzo del potere di autotutela di cui agli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241 del 1990, che le è attribuito dal comma 3 dell'art. 19. Invero, siffatto dubbio interpretativo non ha alcun nesso logico e giuridico con l'art. 6, comma 1, lett. a), del citato decreto legge, con cui il legislatore ha semplicemente coordinato il comma 4 del citato art. 19, come introdotto dall'art. 49, comma 4 bis, del decreto legge n. 78 del 2010, con la previsione normativa sopraggiunta, secondo cui, per la sola materia edilizia, il termine concesso all'Amministrazione per vietare l'attività è di 30 giorni, anziché di 60. Altresì, l'art. 6, comma 1, lett. b), del decreto legge n. 138 del 2011 può e deve essere letto nel senso che esso non esclude il ricorso, da parte dell'Amministrazione, al potere di autotutela previsto dal art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990, in aggiunta all'ulteriore potestà di intervento configurata dal successivo comma 4. Il suo significato, infatti, non può essere compreso se la norma non viene inserita nel più ampio contesto costituito dalla configurazione normativa dei poteri amministrativi di repressione dell'abuso edilizio con cui il legislatore ha inteso accompagnare e completare la riforma dei titoli abilitativi all'edificazione, culminata con l'introduzione della segnalazione certificata di inizio attività. Di talché, deve escludersi che la norma censurata abbia l'effetto di privare, nella materia edilizia, l'Amministrazione del potere di autotutela, che, viceversa, persiste congiuntamente all'intervento ammesso in caso di pericolo di danno per gli interessi indicati nel comma 4 dell'art. 19 della legge n. 241 del 1990.

Corte cost., 16-07-2012, n. 188

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