"Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti, deducendo una erronea interpretazione della giurisprudenza di questa Corte da parte del giudice di seconde cure, assumono che la responsabilità della banca trattaria non poteva essere esclusa per addebitare la stessa esclusivamente al pubblico ufficiale che aveva elevato il protesto.
[...]
Il primo motivo è fondato.
La Corte d'appello ha invero correttamente riconosciuto in conformità ai principi affermati da questa Corte (Cass. 16617/10) che il protesto dei titoli doveva essere elevato nei confronti dei firmatari degli stessi che avevano illecitamente acquisito il carnet d'assegni, posto che le firme degli stessi risultavano leggibili, e non già nei confronti dei ricorrenti, titolari del conto.
Ha peraltro escluso la responsabilità della banca ritenendo che l'unico responsabile dovesse ritenersi il notaio che aveva elevato il protesto.
Tale assunto è erroneo. Nel caso di specie in cui le firme apposte sugli assegni non risultano apocrife, ma indicano nomi diversi da quelli dei titolari del conto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che "se all'esito dell'esame esterno della firma di traenza è evidente la non corrispondenza della conformità documentale di essa allo specimen della firma depositato presso la banca dal correntista, l'istituto di credito non può limitarsi a dichiarare che rifiuta il pagamento dell'assegno (L. n. 349 del 1973, art. 63, comma 1, n. 4 e art. 1) perchè è stato denunciato come rubato, ma ha l'obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il titolare del conto corrente è un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell'assegno (ovvero che a nome di quest'ultimo nessun conto di traenza esiste presso di essa: Cass. 6006/2003), e che tra il titolare del conto ed il traente non vi è nessun rapporto negoziale o legale, opponibile alla banca, che legittimi quest' ultimo ad obbligarsi in nome e per conto di quegli (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 6 e 15: Cass. 18910/2004). Diversamente il comportamento dell'istituto costituisce causa del fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti (L. n. 77 del 1955, art. 2), con l'ulteriore conseguenza di aver fatto conoscere a chiunque le esatte generalità del cliente con cui intrattiene il conto, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la collocazione in apposita categoria, con conseguente responsabilità, anche contrattuale, di tutti i danni che ne derivano (Cass. 2936/1974, 18316/2 007). Quanto poi al pubblico ufficiale, sussiste la sua corresponsabilità per concorso nel causare il protesto illegittimo se ha omesso di vigilare, anche per colpa lieve (Cass. 2821/1971), sulla corrispondenza tra la firma di traenza e il nome del titolare del conto corrente, poichè nell'adempimento dei suoi obblighi di status a lui personalmente incombe dirigere la compilazione dell'atto - L. n. 89 del 1913, art. 47 - con perizia e diligenza professionale per non danneggiare un soggetto apparentemente estraneo all'emissione dell'assegno" (Cass. 16617/10).
Pertanto sia l'azienda di credito, sia il notaio, sono responsabili, in solido tra loro (Cass. 11103/1998), dei danni che possono essere derivati dall'erronea elevazione del protesto.
Il motivo va quindi accolto."
Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8787
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