14 giugno 2012

Il minore è affidato anche alla madre, ma guai se questa insiste nell'indottrinarlo secondo il "movimento" dei Testimoni di Geova!

"Relativamente allo statuito regime di affidamento condiviso del figlio delle parti, la ricorrente censura soltanto l'imposto obbligo di astenersi da qualsiasi condotta di coinvolgimento del minore nella propria scelta religiosa. Sostiene che il giudice non possa, altrimenti incorrendo nella violazione delle rubricate disposizioni, imporre precisi limiti ai contenuti del suo rapporto con il figlio ed alle forme della loro comunicazione ed interazione, comprimendo le prerogative materne in punto d'istruzione ed educazione della prole, discriminandola rispetto al padre (cattolico o agnostico), in ragione della sua adesione a diversa confessione religiosa, nella specie dei Testimoni di Geova, e limitando il suo diritto di professare liberamente tale sua fede in presenza del minore che prevalentemente convive con lei.


Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.


L'art. 155 c.c., in tema di provvedimenti riguardo ai figli nella separazione personale dei coniugi, consente al giudice di fissare le modalità della loro presenza presso ciascun genitore e di adottare ogni altro provvedimento ad essi relativo, attenendosi al criterio fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole, che assume rilievo sistematico centrale nell'ordinamento dei rapporti di filiazione, fondato sull'art. 30 Cost.. L'esercizio in concreto di tale potere, dunque, deve costituire espressione di conveniente protezione (art. 31 Cost., comma 2) del preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata e può assumere anche profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà fondamentali individuali, ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze pregiudizievoli per la prole che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica e lo sviluppo; tali conseguenze, infatti, oltre a legittimare le previste limitazioni ai richiamati diritti e libertà fondamentali contemplati in testi sovranazionali, implicano in ambito nazionale il non consentito superamento dei limiti di compatibilità con i pari diritti e libertà altrui e con i concorrenti doveri di genitore fissati nell'art. 30 Cost., comma 1, e nell'art. 147 c.c..


Nella specie, l'avversata limitazione appare, dunque, ineccepibilmente aderente al dettato normativo, avendo i giudici d'appello assunto a parametro di riferimento l'interesse preminente del minore, interesse che, all'esito dell'insindacabile valutazione discrezionale delle risultanze istruttorie, sorretta da puntuale ed adeguato riscontro argomentativo, hanno ritenuto pregiudicato non già per loro soggettivi pregiudizi religiosi o per i connotati propri del movimento dei Testimoni di Geova, ma per gli effetti, specificamente evidenziati, dannosi per l'equilibrio e la salute psichica del figlio delle parti, ancora in tenera età, indotti dai contegni materni conseguenti e correlati all'adesione a tale confessione religiosa ed inseritisi in un contesto di vita del minore già reso particolannente delicato dalla separazione dei genitori.


Conclusivamente il ricorso deve essere respinto."

Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-06-2012, n. 9546

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