16 marzo 2012

L'indennità in caso di cessazione del rapporto. La sentenza


L'art. 1751 c.c., comma 4: non configura un'ipotesi di risarcimento del danno da fatto lecito, spettante in conseguenza della cessazione del rapporto negoziale, ma si riferisce ad eventuali danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale.

"Occorre premettere che con la sentenza del Tribunale di Ravenna, emessa in grado di appello, a seguito di rinvio disposto da questa Corte, veniva confermata la sentenza parziale del Pretore di Rimini del 17 gennaio 19095 che aveva dichiarato l'insussistenza della giusta causa del recesso comunicato il 14 gennaio 1992 dalla Toro Assicurazioni spa al M., condannando la suddetta società a pagare a quest'ultimo le indennità di risoluzione del rapporto previste dall'AEC del 1981 per gli agenti assicurativi. Il ricorso proposto dalla società in questione, in sede di legittimità, avverso tale decisione veniva respinto.


Tanto precisato è bene chiarire che l'art. 1751 c.c., disciplina i rapporti tra preponente ed agente nell'ipotesi di cessazione del rapporto di agenzia, prevedendo, a secondo dei casi, la corresponsione o meno di un'indennità in caso di cessazione del rapporto. La corresponsione dell'indennità costituisce la regola generale (art. 1751 c.c., comma 1) che è derogata in presenza di alcune circostanze tipizzate (art. 1751 c.c., comma 2) tra cui "un'inadempienza imputabile all'agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto" (c.d. giusta causa, ex art. 2119 c.c., utilizzabile in via analogica, Cass., n. 3869 e n. 3595 del 2011).


L'indennità svolge la duplice funzione di risarcimento del danno subito dall'agente a seguito della cessazione del rapporto e di pagamento di un corrispettivo per l'incremento patrimoniale apportato dall'agente all'azienda del preponente. E pertanto la giurisprudenza e la dottrina avevano ritenuto che essa avesse carattere inderogabile (Cass., n. 5795 del 1994, Cass. 11 novembre 1988, n. 6114; Cass. 26 aprile 1991 n. 4586); il principio è stato accolto dalla L. 10 settembre 1991, n. 303, che, in attuazione dell'art. 19 (in relazione agli artt. 17 e 18) della direttiva comunitaria 18 dicembre 1986, n. 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, ha espressamente affermato che le disposizioni dell'art. 1751 c.c., sono inderogabili a danno dell'agente.


La corresponsione dell'indennità non priva, comunque, l'agente del diritto all'eventuale risarcimento dei danni (art. 1751 c.c., comma 4). Come si è accennato, ex art. 1751 c.c., comma 6, le disposizioni in questione sono inderogabili a svantaggio dell'agente.


Altra disposizione, l'art. 1750 c.c., disciplina, fissando condizioni di parità tra le parti (Cass., n. 24274 del 2006), il recesso, che consiste in una dichiarazione unilaterale recettizia, volta a far cessare il rapporto a tempo indeterminato, che non richiede accettazione della controparte e produce effetto solo che quest'ultima ne abbia avuto conoscenza, salvo l'obbligo della parte recedente, in linea generale, di dare il prescritto preavviso o di corrispondere l'indennità sostitutiva, che è correlata proprio all'essere lo scioglimento del rapporto conseguenza della volontà della parte. Detta indennità ha la funzione di risarcire in modo preventivo e automatico il danno che può derivare dal recesso senza preavviso.


Dall'esame delle disposizioni richiamate è dato rilevare che la sussistenza di una giusta causa non muta la natura del recesso, ma incide sulle conseguenze patrimoniali dello stesso, escludendo, benchè intervenuto, di regola, ad nutum, la corresponsione della indennità di mancato preavviso, e dell'indennità di scioglimento del contratto.


L'accertamento giudiziale della mancanza di giusta causa, lungi dal condizionare il potere di recesso delle parti, che rimane immutato, o costituire, ex sè, titolo risarcitorio, ricade, quindi, solo sulle conseguenze patrimoniali dello stesso, come regolate dagli artt. 1750 e 1751 c.c., dando luogo alla necessaria riespansione del diritto a percepire le previste indennità, e all'eventuale risarcimento del danno.


Tanto premesso, occorre ricordare che questa Corte (cfr. Cass., n. 9426 del 2008 e n. 21279 del 2010), con giurisprudenza che si intende ribadire, ha statuito che la previsione dell'art. 1751 c.c., comma 4, secondo cui la concessione all'agente dell'indennità di cessazione del rapporto non priva l'agente medesimo "del diritto all'eventuale risarcimento dei danni", non configura un'ipotesi di risarcimento del danno da fatto lecito, spettante in ogni caso in conseguenza della cessazione del rapporto negoziale, ma si riferisce ad eventuali danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale (cumulabili con il danno da perdita delle provvigioni) connesso, per esempio, alla violazione dei doveri informativi, al mancato pagamento di provvigioni maturate, a fatti di denigrazione professionale, alla ingiuriosità del recesso del preponente, alla induzione dell'agente prima della risoluzione del rapporto a oneri e spese di esecuzione del contratto poi inopinatamente risolto (cfr., Cass., n 11402 del 2000, Cass., n. 9317 del 2002).


E nella stessa ottica, anche la dottrina ha ritenuto che la disposizione dell'art. 1751 c.c., comma 4, intenda configurare una ipotesi di risarcimento diverso di quello da fatto lecito rappresentato dalla cessazione del rapporto, considerato nel citato art. 1751 c.c., comma 2, consentendo, quindi, la cumulabilità, con il suddetto danno di un eventuale danno ulteriore da illecito (contrattuale o extracontrattuale), sempre che sussistano nella condotta del proponente i requisiti soggettivi ed oggettivi per la configurabilità di detto illecito.


Opinione questa che merita ad avviso di questa Corte pieno consenso in ragione della specificità dell'indennizzo di cui all'art. 1751 c.c., comma 2; disposizione quest'ultima, che trova il suo titolo nella volontà del legislatore codicistico di tutelare - pur in presenza di una legittima scelta del preponente ad organizzare in piena autonomia la propria attività - la parte più debole del rapporto lavorativo in presenza di eventi per lo stesso di per sè oggettivamente pregiudizievoli, ma che non impedisce la risarcibilità di tutti quei danni aventi una diversa causale per scaturire da una ulteriore condotta illegittima del preponente, configurante una diversa, ulteriore e distinta responsabilità contrattuale o extra contrattuale."

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-03-2012, n. 4042

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