03 luglio 2013

Gli avvocati e le "caste"

La lobby degli avvocati.
Si è tentati di credere che gli avvocati siano una lobby forte, al pari dei notai, dei magistrati, commercialisti o dei giornalisti. Di sicuro l'esistenza di un Albo (da poco tempo, in verità ridimensionato per importanza) può aver aiutato, nei tempi che furono, la classe forense; ma se oggi c'è una categoria di professionisti individualisti per antonomasia, questa è la categoria degli avvocati.
E l'individualismo mal si concilia con il corporativismo.
Analizzando in concreto i fatti, risulta che gli avvocati non sono una lobby o almeno non lo sono ai livelli delle vere "caste".
Ad esempio come i Notai, che hanno ottenuto in questi anni molto lavoro nell'orbita del processo (dove la casta forte dei legali avrebbe dovuto frenare il fenomeno, cosa che non è stata), come gli incarichi nelle esecuzioni immobiliari oppure cercando di ritagliarsi altro settore lavorativo (togliendolo agli avvocati) nelle sezioni delle separazioni congiunte etc.
Ad esempio come i Magistrati i quali, unici in Italia, hanno sfidato e vinto contro la recessione che affligge il nostro Paese, attribuendosi incrementi stipendiali importanti. Senza mancare di sottolineare che una effettiva responsabilità per i loro errori ancora latita (la norma esistente è di fatto disapplicata: le percentuali di cause che superano il  relativo filtro sono meno del 10%).
Ad esempio per i commercialisti, i quali hanno visto come oro colato l'instaurazione della mediazione obbligatoria, organizzandosi con strutture e perfezionandosi come mediatori su temi non di loro competenza formativa (tant'è che la mediazione così come confezionata "nulla doveva avere a che fare con le tematiche di diritto", filastrocca ripetuta fino alla nausea da chi di diritto nulla sapeva, proprio per giustificare quella ignoranza). Il tutto avallato da Confindustria che sperava -e spera ancora- di ritagliarsi il settore delle vertenze giudiziali, viste come mero costo: lo sono anche i lavoratori, allora licenziamoli tutti e apriamo fabbriche in Cina.
Ad esempio come i giornalisti i quali, detentori del c.d. "quarto potere" dell'informazione, si coalizzano contro chi tende ad ostacolare il loro lavoro (si veda il caso Sallusti, oppure il nemico Grillo, poco affiatato con i giornalisti).
Gli avvocati sono una brutta specie, perché tendono ad argomentare nell'interesse della parte. A contestare ciò che è contestabile. Ad opporsi ed impugnare se non si vince al 100%.
In questi anni, rispetto alle ben più organizzate lobby sopra indicate, l'avvocatura ha subito riduzione del lavoro in termini di puro esercizio (nessuno incentiva per forza il contenzioso, al cittadino spetta sempre sottoscrivere l'incarico); ci sono stati aumenti vertiginosi dei costi sul processo; l'instaurazione di filtri, prima in Cassazione e oggi in Appello; la previsione dell'obbligo di mediazione imposta a materie su cui gli avvocati già promuovevano (senza ulteriori costi per gli assistiti) tentativi di bonario componimento delle vertenze. Materie oggetto di mediazione oggi ridotte di numero grazie ad un'altra casta e lobby, quella assicurativa ("perché mai devo partecipare alla mediazione se il codice delle assicurazioni già prevede ex lege il tentativo ?" Era l'argomento della casta o lobby assicurativa).
Nessuna delle caste sopra elencate hanno avuto in questi anni così tanti provvedimenti normativi sfavorevoli.
Il dato è questo: se una lobby non riesce a far guadagnare gli iscritti, che lobby è ?
Che l'avvocatura debba rivedersi e ristrutturarsi, questo è un dato di fatto. Si deve informatizzare (è qui, probabilmente che il giovane avvocato potrà spuntarla con l'anziano Collega), deve promuoversi meglio, forse deve diversificarsi (nel rispetto delle proprie competenze, però).
Di certo non deve farlo a scapito degli assistiti o adottando un sistema che non appartiene alla propria cultura giuridica, copiando quella anglosassone. Gli italiani dovrebbero, quantomeno, diventare prima un po' british.
Avv. Maurizio Storti

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