“E' invece fondato il secondo motivo del ricorso principale, con cui la ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 147, 148 e 155 c.c., nonchè la carenza e la contraddittorietà della motivazione, osservando che, ai fini della riduzione dell'assegno dovuto per il mantenimento della figlia, la Corte ha fatto riferimento esclusivamente alle esigenze della minore, omettendo di valutare gli altri elementi indicati dalla legge, ed in particolare l'elevato reddito del padre, titolare di un cospicuo patrimonio, nonchè l'indisponibilità di redditi da parte di essa ricorrente.
A seguito della separazione personale, continua infatti a trovare applicazione l'art. 147 c.c., che, imponendo ai genitori il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale ed all'opportuna predisposizione di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Poichè, peraltro, lo standard di soddisfazione di tali esigenze è correlato anche al livello economico-sociale del nucleo familiare, il parametro di riferimento, ai fini della quantificazione del concorso nei predetti oneri, è costituito non soltanto dalle esigenze dei figli, ma anche dalle sostanze e dai redditi, nonchè dalla capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, che, rappresentando l'insieme delle risorse economiche a disposizione della famiglia, consentono di valutare il tenore di vita dalla stessa goduto nel corso della convivenza, al quale dev'essere rapportato il contributo in esame (cfr. Cass., Sez. 1^, 22 marzo 2005, n. 6197; 19 marzo 2002, n. 3974). Questo principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimità in epoca anteriore all'entrata in vigore delle modifiche introdotte dalla legge n. 54 del 2006, trova conferma nel nuovo testo dell'art. 155 c.c., come sostituito dall'art. 1 della predetta legge, il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonchè i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.”
Corte di cassazione – Sezione I civile – Sentenza 10 luglio 2013 n. 17089
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