La fattispecie incriminatrice di manipolazione del mercato costituisce un reato di pericolo concreto, descrivendo una condotta dalla quale derivi una qualificata probabilità di sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari: in questo caso la situazione di pericolo – che il legislatore ha connotato tramite l'avverbio "concretamente" – assume il carattere di vero e proprio evento naturalistico, contrapponendosi all'ipotesi di pericolo astratto sanzionata in via amministrativa dall'art. 187 ter T.U.F. Ne consegue che, sebbene nel caso di specie non occorra verificare che si sia realizzata l'alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, neppure è sufficiente vagliare la sola intrinseca capacità della condotta di provocare tale alterazione, dovendosi invece riscontrare se, in concreto, a seguito della diffusione delle false notizie, il pericolo per l'alterazione di strumenti finanziari si sia effettivamente prodotto. Si può difatti fondatamente pervenire alla conclusione della sussistenza del reato solo se si accerta che la mancata verificazione di tale alterazione è dipesa da fattori esterni e indipendenti dalla falsa notizia che, intervenuti autonomamente, hanno vanificato gli effetti dipendenti dalla sua diffusione. (Nella fattispecie, la pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto discende dall'accertamento che in concreto non è stata creata alcuna una situazione di minaccia alla stabilità del prezzo degli strumenti finanziari quale effetto della diffusione del comunicato oggetto di contestazione, in quanto l'alterazione del prezzo non si è verificata pur in mancanza di qualsiasi altro elemento che possa aver annullato l'effetto sul mercato del falso comunicato di specie, il quale in astratto, ovvero alla luce delle ordinarie regole di mercato, poteva rivelarsi di per sé capace di alimentare l'aspettativa di contendibilità della società, e quindi avere un impatto significativo sull'andamento dei relativi strumenti finanziari).
Anche per i reati di pericolo c.d. presunto o astratto occorre che il giudice accerti l'intrinseca idoneità offensiva della condotta posta in essere dal soggetto attivo, per cui, ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato, viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta, che ha nell'offensività una connotazione implicita essenziale, rifluendo l'ipotesi nella figura del reato impossibile ex art. 49 c.p. Tali fattispecie criminose rimangono nondimeno distinte rispetto ai reati c.d. di pericolo concreto (o effettivo), ove invece la realizzazione della condotta descritta dal legislatore non esaurisce la fattispecie, perché nelle figure appartenenti a questa categoria di reati il pericolo non rimane più allo stato di semplice modalità o giudizio sul comportamento, ma assurge al rango di autonomo elemento essenziale del reato, indispensabile per la sua consumazione che, dunque, si aggiunge alla condotta.
Trib. Torino, 2012

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