21 settembre 2013

Buona fede, anche nel processo esecutivo

La giurisprudenza di questa Corte ha rilevato la costituzionalizzazione del canone generale di buona fede oggettiva e di correttezza, quale estrinsecazione del dovere inderogabile di solidarietà di cui all'art. 2 Cost., siccome tendente a comprendere nella funzione del rapporto obbligatorio pure la tutela della controparte, nel perseguimento di un giusto equilibrio tra gli opposti interessi. E dall'operatività del principio di buona fede sul piano negoziale, ove ad esso sono riconosciuti effetti modificativi od integrativi dell'autoregolamentazione delle parti, si è fatta derivare la sua estensione o proiezione anche nel campo processuale, nel quale i diritti stessi devono trovare tutela nella patologica evenienza della loro contestazione o mancata spontanea applicazione.

Così, l'esigenza di un tale originario equilibrio nel rapporto obbligatorio va mantenuta ferma in ogni successiva fase, sicchè quell'equilibrio non può essere alterato in danno del debitore ad iniziativa unilaterale del creditore, se non a prezzo di un autentico abuso del processo; nozione che presuppone l'esercizio del potere da parte di chi ne è pur sempre titolare legittimo, ma per scopi diversi da quelli per i quali quel potere è riconosciuto dalla legge: scopi ulteriori e deviati, in genere extraprocessuali, rispetto a quelli tipici ed usuali, tanto che l'abuso si caratterizza nel "fine esterno" dell'iniziativa processuale, cioè nella non corrispondenza tra il mezzo processuale ed il suo fine.

Fine del processo esecutivo è certo il soddisfacimento del credito consacrato nei titolo esecutivo in favore del creditore ed in danno del debitore, ma evidenti esigenze sistematiche di equità, economicità e proficuità del processo, impongono che tanto avvenga con il minor possibile sacrificio delle contrapposte ragioni di entrambi i soggetti vale a dire, il creditore ha diritto ad ottenere nè più nè meno di quanto gli compete in forza del titolo (sia pure, se necessario, avendo la facoltà di azionarlo più volte o con più procedure, comunque non oltre l'integrale soddisfacimento del credito e con il limite del divieto del cumulo...ai sensi dell'art. 483 c.p.c.), ma va correlativamente tutelata anche l'aspettativa del debitore a non vedere diminuito il suo patrimonio in misura eccedente quanto sia strettamente necessario per la realizzazione del diritto del creditore.

Una condotta tendente a far conseguire al creditore più di quanto gli compete, come l'ingiustificato azionamento frazionato del credito in origine unitario recato dal titolo implica un'indebita prevaricazione del creditore sulla controparte, sia per l'assoggettamento del debitore ai dispendi originati dall'ingiustificata moltiplicazione dei processi esecutivi, sia per la carenza di causa dell'eventuale locupletazione conseguibile dal creditore, ad esempio per maggiori rimborsi di spese o compensi.

Tale condotta del creditore, che può quindi qualificarsi abusiva, giustifica conclusivamente la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-04-2013, n. 8576


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