06 marzo 2017

Il Politecnico di Milano voleva offrire solo corsi in inglese: per la Corte Costituzionale l'offerta formativa deve essere rispettosa del primato della lingua italiana

Con ordinanza del 22 gennaio 2015, il Consiglio di Stato, sezione sesta giurisdizionale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 6 e 33 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, lettera l), della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), «nella parte in cui consente l’attivazione generalizzata ed esclusiva (cioè con esclusione dell’italiano) di corsi [di studio universitari] in lingua straniera».

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Dalla predetta disposizione il Politecnico di Milano ha ricavato la norma che consentirebbe alle università di fornire tutti i propri corsi in lingua diversa da quella ufficiale della Repubblica, così deliberando l’attivazione, a partire dall’anno 2014, dei corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca esclusivamente in lingua inglese, sia pur affiancata da un piano per la formazione dei docenti e per il sostegno agli studenti. La predetta delibera dell’ateneo milanese è all’origine del giudizio amministrativo che ha condotto alla rimessione delle presenti questioni di legittimità costituzionale.

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Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale non sono fondate, nei limiti e nei termini che seguono.

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Tuttavia, della disposizione censurata nel presente giudizio è ben possibile dare una lettura costituzionalmente orientata, tale da contemperare le esigenze sottese alla internazionalizzazione – voluta dal legislatore e perseguibile, in attuazione della loro autonomia costituzionalmente garantita, dagli atenei – con i principî di cui agli artt. 3, 6, 33 e 34 Cost., parametro quest’ultimo il quale, ancorché non evocato dal rimettente, è pertinente allo scrutinio delle odierne questioni di legittimità costituzionale.
Questi principi costituzionali, se sono incompatibili con la possibilità che intieri corsi di studio siano erogati esclusivamente in una lingua diversa dall’italiano, nei termini dianzi esposti, non precludono certo la facoltà, per gli atenei che lo ritengano opportuno, di affiancare all’erogazione di corsi universitari in lingua italiana corsi in lingua straniera, anche in considerazione della specificità di determinati settori scientifico-disciplinari.

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È ragionevole invece che, in considerazione delle peculiarità e delle specificità dei singoli insegnamenti, le università possano, nell’ambito della propria autonomia, scegliere di attivarli anche esclusivamente in lingua straniera. Va da sé che, perché questa facoltà offerta dal legislatore non diventi elusiva dei principi costituzionali, gli atenei debbono farvi ricorso secondo ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, così da garantire pur sempre una complessiva offerta formativa che sia rispettosa del primato della lingua italiana, così come del principio d’eguaglianza, del diritto all’istruzione e della libertà d’insegnamento.

Corte Costituzionale, sent. 42/2017


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