28 gennaio 2016

Il concreto esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, ex artt. 1226 e 2056 cod. civ..

Ciò premesso, in via di principio si rileva che la facoltà di liquidare in via equitativa il danno presuppone: 1) che sia concretamente accertata l'ontologica esistenza d'un danno risarcibile; 2) che l'impossibilità (o l'estrema difficoltà) di una stima esatta del danno dipenda da fattori oggettivi e non già dalla negligenza della parte danneggiata nell'allegare e dimostrare gli elementi dai quali desumere l'entità del danno. Invero il concreto esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice del merito dagli artt. 1226 e 2056 c.c. , s'inquadra nel potere generale attribuitogli dal disposto dell'art. 115 c.p.c. , sì che non si estrinseca in un giudizio d'equità ma in un giudizio di diritto caratterizzato dall'equità giudiziale correttiva od integrativa, e trova ingresso, a condizione che la sussistenza di un danno risarcibile nell'an debeatur sia stata dimostrata ovvero sia incontestata o infine debba ritenersi in re ipsa in quanto discendente in via diretta ed immediata dalla stessa situazione illegittima rappresentata in causa, nel solo caso di obiettiva impossibilità o particolare difficoltà di fornire la prova del quantum debeatur. Grava pertanto sulla parte interessata dimostrare, secondo la regola generale posta dall'art. 2697 c.c. , ogni elemento di fatto, di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, al fine di consentire che l'apprezzamento equitativo esplichi la sua peculiare funzione di colmare soltanto le lacune riscontrate insuperabili nell'iter della precisa determinazione della misura del danno stesso (Cass. 08 maggio 2013, n. 10891; cfr. anche Cass. 19 novembre 2013, n. 25912). Mentre l'esercizio concreto, in senso positivo o negativo, del detto potere e l'accertamento dell'esistenza del presupposto costituito dall'impossibilità o rilevante difficoltà della prova non sono suscettibili di sindacato in sede di legittimità, se la relativa decisione sia sorretta da motivazione immune da vizi logici o da errori di diritto (Cass. 13 dicembre 2002, n. 17863).

Cass. civ. Sez. III, Sent., 08/01/2016, n. 127

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