Il ricorso è fondato.
La sentenza d'appello ha ritenuto di ascrivere all'imputato la commissione della più grave delle ipotesi di reato disciplinate dall'art. 186 C.d.S. muovendo dalla preliminare circostanza costituita dal risultato della prima misurazione strumentale del tasso alcolemico riscontrato a carico dell'imputato: risultato superiore ai limiti previsti in relazione a tale più grave ipotesi criminosa, seppur non accertata in conformità alle prescrizioni legali dello stesso art. 186.
Al riguardo, secondo l'insegnamento di questa corte di legittimità, per la configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, pur potendo accertarsi lo stato di alterazione con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, è tuttavia necessario ravvisare l'ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle altre due ipotesi che conservano rilievo penale (Cass., Sez. 4, n. 28787/2011, Rv. 250714; Cass., Sez. 4, n. 6889/2011, Rv. 252728).
Nel caso di specie, il generico richiamo operato nella sentenza impugnata agli indici sintomatici riportati nel verbale di accertamento redatto dalla polizia giudiziaria (sia pure valutati in connessione all'entità del risultato scaturito dalla prima misurazione del tasso alcolemico dell'odierno imputato), appare tale da non fornire una dimostrazione sufficientemente adeguata al fine di ritenere, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente si prestasse a un inquadramento nell'ambito di una delle due ipotesi di cui all'art. 186 C.d.S. ancora configurate come penalmente rilevanti.
L'indole eminentemente apodittica della motivazione così come redatta nel provvedimento qui impugnato impone di riscontrarne il carattere sostanzialmente illogico, da tanto derivando il necessario annullamento della ridetta sentenza, con rinvio alla corte d'appello milanese per un nuovo esame sul punto indicato.
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2013) 23-04-2013, n. 18375
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