21 settembre 2013

Danno da inattività pari ad 1/5 della retribuzione se la reintegra non è tempestiva

Discorso analogo si deve fare in ordine al danno non patrimoniale. La Corte territoriale ha richiamato una serie di elementi che nel loro complesso hanno determinato - in conseguenza della mancata reintegrazione del posto di lavoro - una lesione "di interessi inerenti la persona, non connotati a rilevanza economica, ma meritevoli di tutela anche per la loro rilevanza costituzionale" che è stata complessivamente valutata alla luce della giurisprudenza di questa Corte onde evitare una duplicazione risarcitoria. Ora la Corte territoriale ha ricordato che il B. è stato licenziato all'età di 58 anni e quindi in una fascia di età nella quale è notoriamente difficile reimpostare la propria carriera, che è stato privato nonostante l'ordine di reintegra (non eseguita per ben sei anni dal momento del recesso del 2002 a quello del pensionamento nel 2008, nonostante il B. si fosse presentato più volte in Ospedale chiedendo di lavorare) della possibilità di operare nella struttura medica nella quella si era stabilmente inserito, che la notizia del licenziamento certamente aveva fatto il giro degli ambienti medici ed ospedalieri, che secondo le norme di ordinaria esperienza il recesso lo aveva sicuramente pregiudicato impedendogli di proseguire in modo lineare nel processo di aggiornamento e nell'attività chirurgica, che lo stato di forzata inattività aveva procurato un'indubbia situazione di stress e di perdita di fiducia come attestato dalla documentazione medica e della relazioni dei medici curanti. Questo complesso di ripercussioni negative su vari fronti e profili, facilmente evitabili dal datore di lavoro ove avesse tempestivamente provveduto alla pronta reintegrazione del dipendente dopo il primo accertamento giudiziario del 2003, ha - per la Corte territoriale - determinato un danno non patrimoniale (valutato come detto nel suo complesso) rapportabile a quello subito dal lavoratore che subisce una totale e forzosa inattività per colpa del datore di lavoro e che è stato liquidato - tenuto conto anche della giurisprudenza formatasi in ordine a quest'ultima situazione - nella misura del 20% della retribuzione base. Ora sul punto la motivazione appare congrua, logicamente coerente, strettamente riferita a dati provenienti dalla comune esperienza o ad emergenze documentali di ordine medico-legali, ed appare coerente con la giurisprudenza di questa Corte in ordine alla prova equitativa del danno non patrimoniale ed alla determinazione unitaria dell'entità dello stesso; per contro le censure appaiono assolutamente generiche o di merito, inammissibili in questa sede. L'ipotesi che il B., licenziato a 58 anni, potesse agilmente ritrovare altre occasioni di lavoro, nonostante la sua forzata espulsione dal luogo di lavoro e la reiterata decisione di mantenerlo inattivo nonostante l'ordine di reintegrazione emesso da più Giudici, è rimasta priva di riscontri di sorta.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-04-2013, n. 9073



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